di Vincenzo Ciruzzi*
I rapporti con gli organi della Pubblica Amministrazione preposti al controllo e alla concessione di permessi e/o autorizzazioni finalizzati alla realizzazione di interventi nel settore dell’edilizia privata sono, da sempre, resi difficili dalle procedure, spesso macchinose e inutilmente complicate che definiscono l’iter burocratico di una pratica edilizia.
Per non smentire questa affermazione, il Comune di Napoli è riuscito a configurare in maniera “diabolica” l’iter da seguire per l’ottenimento di un Permesso di costruire relativo ad un intervento su di un immobile ricadente in una zona sottoposta a vincolo paesistico. È in questo ambito che la Pubblica Amministrazione ha da dato fondo a tutta la sua fantasia per “disegnare” un iter che definire macchinoso è eufemistico.
Probabilmente i più sono già perfettamente al corrente di quanto sto per illustrare; mi scuso con questi; spero che la mia comunicazione serva ad allertare quei pochi che non ne fossero a conoscenza e, soprattutto, a far riflettere quei Dirigenti, Funzionari del Comune di Napoli che, unitamente con l’Assessore di turno, tale iter hanno concepito.
Recentemente ho avuto la (s)ventura di ricevere un incarico relativo alla Progettazione e Direzione lavori di un intervento di “Restauro e risanamento conservativo” su di un fabbricato d’epoca, ubicato nel Centro storico di Napoli, ricadente in una zona, a ridosso del lungomare, interessata da un vincolo paesistico.
A fronte delle caratteristiche dell’intervento da eseguire, si è ritenuto opportuno richiedere il nulla osta all’intervento a mezzo di un regolare Permesso di costruire; ovviamente, a norma di legge, corredato da una relativa “Relazione paesistica”.
È a questo punto che si avvia quella procedura “diabolicamente macchinosa”, di cui sopra.
Sempre per quei pochi che non ne fossero al corrente, la illustro, punto per punto:
1. viene consegnata, unitamente a tutta la documentazione prevista, la richiesta di Permesso di costruire c/o il Servizio Edilizia privata del Comune di Napoli;
2. il Dirigente assegna la pratica ad un Responsabile unico del procedimento;
3. il Responsabile del procedimento istruisce la pratica e la invia alla Commissione Edilizia integrata;
4. la Commissione Edilizia Integrata la esamina, la approva e la rimanda al Servizio edilizia privata;
5. il Responsabile del procedimento prende atto dell’approvazione da parte della Commissione, e la certifica; invia la pratica al Dipartimento Ambiente del Comune di Napoli;
6. il Dipartimento Ambiente la esamina, la verifica, formula una “Proposta di autorizzazione paesistica” (sic!);
invia la Proposta alla Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etno-antropologici;
7. la Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etno-antropologici esprime il proprio parere sulla Proposta di autorizzazione (sic!);
trasmette tale parere al Dipartimento Ambiente del Comune di Napoli (toh! … chi si rivede);
8. il Dipartimento Ambiente, presa visione del parere della Soprintendenza, rilascia l’Autorizzazione paesistica (era ora! …); trasmette l’Autorizzazione al Servizio Edilizia privata (toh! … chi si rivede);
9. il Servizio Edilizia privata, presa visione di tutti, ma proprio tutti, i pareri, approvazioni, proposte, autorizzazioni…, rilascia il Permesso di costruire.
Ce l’abbiamo fatta! Si potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Nemmeno per sogno! L’efficacia del Permesso di costruire è vincolata al rispetto di alcune (troppe) prescrizioni e ad altre procedure da porre in essere! Ma sarebbe troppo lungo aprire un ulteriore capitolo.
Si rimanda alla prossima puntata.
Tengo a precisare che l’iter su prospettato è relativo ad una pratica che non ha trovato intoppi e/o interruzioni lungo il suo “percorso”; pratica che si è conclusa con esito positivo; l’iter, nella sua interezza, ha impegnato circa 150 giorni!
Un collega, tanto simpaticamente quanto pessimisticamente, mi ha consolato, dicendomi: “E t’è gghiuta bbona!”.
Si, mi “è andata bene”!
Ma quanto inutile, ingiustificata e ingiustificabile perdita di tempo e di denaro è costata questa procedura che si è sviluppata attraverso nove “passaggi” e che poteva svilupparsi in due, tre “passaggi”!
A cosa serve la Commissione edilizia integrata se non esaurisce nel suo ambito le richieste di parere paesistico?
A cosa serve il “passaggio” della pratica c/o il Dipartimento Ambiente? Spero che ci siano risposte complete e coerenti a queste domande. Risposte che, mi auguro, vengano fornite dall’attuale Assessore all’edilizia privata, attraverso la concreta e rapida revisione delle procedure illustrate; procedure che scoraggiano il cittadino intenzionato ad avviare pratiche di così complesso sviluppo, ma, nel contempo, mortificano tutti quei funzionari del Comune di Napoli che, incolpevolmente, mettono in atto tali procedure della cui bontà, ritengo, forse a torto, siano essi stessi scarsamente convinti.
Si accettano suggerimenti, proposte e, perché no; testimonianze in merito.
* Architetto libero professionista, Consigliere Aniai Campania